Una dedica

Ho più volte domandato a me stesso cosa avrei potuto rispondere a chi mi avesse chiesto perché raccolgo conchiglie e studio molluschi da più di venti anni. In un primo momento, ho pensato che questa domanda mi avrebbe colto assai impreparato e mentre cercavo nella mia mente una risposta esauriente, sorgeva, nello stesso tempo, in me, la convinzione che quella domanda, all’apparenza semplice, nascondeva invece qualcosa di assai più complesso e difficile da spiegare. Sinceramente però, un po’ per mancanza di tempo, un po’ perché distratto da altri problemi, avevo sempre rimandato la risposta, senza avere, in seguito, l’opportunità di farlo come era giusto.

Un giorno però, dopo lunghe ore di immersioni in acqua, mi ero seduto sulla riva di una piccola spiaggia per esaminare il materiale raccolto. Improvvisamente, senza che me ne accorgessi, comparve, dietro di me, la testolina bionda di un bimbo che giocava con la sabbia. Incuriosito dalle conchiglie che tenevo nelle mani, si avvicinò titubante e si mise anche lui a guardarle. L’immensa meraviglia che leggevo nei suoi occhi, il suo evidente interesse mi riportarono indietro nel tempo e rividi così, in lui, le mie mani di bimbo, che cercavano tra le onde del mare le prime conchiglie. Breve fu il passo dalla sua curiosità ai suoi molti perché. E fu così che nuovamente quella famosa domanda tornò ancora una volta ad attendere una risposta.

Mentre tornavo sui miei passi, mi rendevo conto che quella testolina bionda e quella domanda attendevano, da me, ancora una risposta che ora non potevo più rinviare. Probabilmente la mia non è una risposta vera e propria, ma solo quello che ho sentito e fatto o più semplicemente quello che mi è accaduto in questa meravigliosa avventura iniziata molti anni fa. Ciò nonostante, ho voluto in ogni caso tentare. Credo che il mio interlocutore, nel leggere queste poche righe, potrà comunque trovare, in esse, la mia risposta alla sua domanda.

Una Risposta
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Conchiglia, una parola. Quanti possono affermare di comprendere il suo significato? Quanti saprebbero, con le parole, descrivere l’infinità di forme, di colori, di smaglianti riflessi, di piaceri inaspettati? Forse pochi! O meglio, pochissimi sarebbero oggi in grado di comprendere profondamente cosa c’è intorno a questa parola, a questa magica e fantastica parola. Innumerevoli forme una diversa dall’altra ed ancora altre forme che via si susseguono interminabili tanto da disorientare, affascinare e sconcertare l’osservatore che, soffermandosi su una conchiglia, è immediatamente distratto da un’altra, poi da un’altra ancora, mentre stupito, sente sorgere in se stesso la convinzione che non riesce veramente a pieno a comprendere cosa c’è intorno a questa parola, della quale pensava di conoscere l’esatto significato e che, comunque, ora non è più in grado di poterlo dire.

Un uomo, durante tutto il corso della sua vita, quante conchiglie può vedere? Quante potrebbe vederne? Quante non potrà mai vederne? Tante da non poterle neanche calcolare! Quante specie di conchiglie esistono nel mondo? Nessuno potrebbe rispondere con certezza! Una cifra orientativa esattamente incalcolabile! Se un uomo girasse intorno al mondo, pescasse in tutti i mari, attraversasse tutti i boschi e tutti i fiumi, potrebbe vedere tante conchiglie, ma la sua vita, il suo eterno girovagare non basterebbe neanche per osservare una piccola parte di quell’incalcolabile numero di specie viventi. Noi abbiamo tentato. Abbiamo dedicato più di trent’anni della nostra vita vedendo, cercando, pescando e raccogliendo più di 200.000 conchiglie, delle quali avevamo tentato di tenere un conto per convincerci poi dell’inutilità di farlo fino a quando i nostri limiti di spazio reale si sono esauriti. Sicuramente non si è esaurita la nostra “sete” di conchiglie, poiché non abbiamo visto che una piccola parte di ciò che esiste. Non abbiamo mai cessato di meravigliarci vedendo un’ennesima conchiglia e constatando che c’era ancora una forma, un colore che non avevamo ancora mai ammirato.

Abbiamo sempre destinato costantemente tutte le nostre sostanze per acquistare specie irraggiungibili. Perché raccogliere tante conchiglie? Perché non raccogliere invece francobolli, antiche stampe od altro? Spesso abbiamo strappato dalla sua “stupenda casa” un piccolo mollusco, sinceramente con un certo disappunto e coscienti del fatto che questo piccolo essere ci lasciava un suo eterno ricordo. Non siamo stati in grado di capire perché un onda del mare veniva a portarci tra i piedi una conchiglia; questo oggetto abbandonato da un piccolo essere prima di morire. Era forse un messaggio? Sembrava quasi di sentire una voce: “Raccoglimi! Non lasciarmi qui ai raggi del Sole!”. E così forse, ispirati da quella voce abbiamo perlustrato tutti i mari del mondo cercando e raccogliendo sempre nuove conchiglie accrescendo ogni giorno il nostro stupore.

Forse oggi un irriducibile ecologista, potrebbe guardarci come profanatori di habitat, anche se poi, per secoli, tutti hanno accettato monili ed oggetti derivati dalla lavorazione delle conchiglie. A tutti coloro che sanno capire e che sanno guardare, al di là di polemiche senza logica e senza successo, a tutti loro dedichiamo il nostro lavoro. Per loro abbiamo conservato, abbiamo raccolto e custodito, divulgato e affascinato e poi ancora, entusiasmato ed incuriosito, sbalordendo e facendo sognare adulti e bambini, profani e studiosi convinti che conservando era possibile far conoscere a chi non conosce; convinti che divulgando e conservando sarebbe stato possibile far comprendere a tutti quanto è importante conservare, per far si che quello che abbiamo raccolto non sia poi il ricordo di qualcosa che non esiste più, che non vive più. Questo compito e questa volontà l’abbiamo recepiti fino in fondo e sono stati lo sprone e la certezza della validità del nostro lavoro che ci hanno guidato sempre e nulla ci è sembrato così bello da poter eguagliare la nostra insaziabile “sete”. Forse cercavamo ancora una risposta, che era lì, intorno a noi. Sentivamo che la nostra sensibilità nel guardare sempre delle forme più belle e più nuove ci aveva spinto al di là di qualche limite invisibile dove una spiegazione a questa creazione di infinite bellezze, che sembra ancora oggi non avere fine, doveva esserci e la mancanza di questa risposta ci ossessionava; ma quando ancora eravamo convinti di poter trovare una spiegazione ad ogni novità, un pugno di sabbia osservato al microscopio ci confuse in ogni senso. Un nuovo mondo di microconchiglie, inusitato ai nostri occhi, si offriva e confondeva ogni nostro possibile ed ulteriore ragionamento, sì che l’idea primitiva di esprimere un mondo in numero di specie ci sembrò d’un tratto senza alcuna ragione.

Frank Lloyd Wright scrisse:
“ Io sono ateo, non ho mai capito coloro che vedono la presenza di Dio nella Natura: la sospetto solo nelle conchiglie.”

Comprendevamo perfettamente che altri, molti altri, nelle più remote antichità erano stati “rapiti” ed estasiati da quella misteriosa” sete”. Iniziò così una ricerca insaziabile e febbrile del passato e ancora una volta, più bello e misterioso, al tempo stesso, fu poter soffiar via la polvere da antichi testi sepolti in dimenticate biblioteche. Permessi di accesso, viaggi e ricerche, si susseguirono senza sosta. Portammo così alla luce testi e tavole ormai dimenticate. La nostra meraviglia si accresceva esaminando disegni di rara bellezza ricchi di forme e di particolari e ci rendemmo subito conto che la contemplazione degli antichi studiosi, per queste stupende forme, era stata forse infinita e né la polvere, né qualche pagina ingiallita avevano sottratto la bellezza a quei dimenticati capolavori. Dovunque cercassimo, ovunque la nostra mente girovagasse, il turbinio di una conchiglia nei nostri orecchi risvegliò in noi il profumo e l’ebbrezza del mare, il frastuono delle sue tumultuose onde e senza volerlo le nostre mani tornarono a percepire la sensazione delle sabbie umide e delle onde del mare, come se una forza ci spingesse, come se un irresistibile richiamo sorgesse dal profondo dell’anima, mentre cresceva in noi la convinzione che solo lì la nostra “antica sete” avrebbe potuto in qualche modo saziarsi. Quel lontano giorno, quando un’onda del mare mi portò tra i piedi una conchiglia, neanche io sapevo, né potevo immaginare che sarebbe nata in me quella famosa “sete” dalla quale ancora oggi non riesco a saziarmi. Forse senza saperlo, ascoltai quella voce. Mi chinai e raccolsi la mia prima conchiglia.

 

“Era una grande conchiglia a spirale e pareva la cupola diai-giovani
una pagoda orientale,
aveva una storia, tre storie: mongola, tibetana ed indiana.
E la portarono all’orecchio
per sentire la voce di un genio invisibile…”
Carlo Sgorlon – La Conchiglia di Anataj